Vita di Nichiren daishonin

Raccontare la vita e gli ideali di questo monaco giapponese del 1200 Nichiren Daishonin visto con gli occhi nostri. La sua dedizione e consacrazione verso un obiettivo di vita, incurante delle difficoltà ed ostacoli che ha dovuto fronteggiare per portare a compimento la sua missione, ed il suo desiderio di rendere felici tutte le persone attraverso la scoperta della propria natura illuminata, così come insegnò il Budda. 




"Mi chiamo Nichiren, sono nato il sedicesimo giorno del secondo mese del 1222 in Giappone nella provincia di Awa, in mezzo alle colline, circondate dal mare. La mia era una famiglia di pescatori, la casta sociale più bassa; la nostra vita quotidiana seguiva il ritmo delle stagioni, e ogni volta che mio padre prendeva il largo con gli altri pescatori non sapevo se sarebbe tornato. La fame, le malattie, il freddo, l'incertezza hanno segnato la mia infanzia, e così fin da bambino, il mio unico pensiero era comprendere il significato dell'esistenza, afferrare il funzionamento dei princìpi che governano la natura e il mare, così come la vita dura dei pescatori e dei contadini e, ugualmente, dei potenti e dei ricchi che pure non sfuggono alle sofferenze. La vita dell'essere umano è tristemente fugace. Ogni respiro può essere l'ultimo. Nemmeno la rugiada asciugata dal vento è tanto effimera. Nessuno, saggio o sciocco, giovane o vecchio, può sfuggire alla morte. Per questo il mio unico desiderio era di risolvere questo mistero. Tutto il resto è secondario (GZ, 1404).
L'unico modo per i miei genitori di garantirmi un'istruzione era mandarmi al tempio Seicho, sul monte Kiyosumi, a studiare con i monaci; così, dai dodici anni fino ai sedici, imparai la lingua cinese e giapponese e la calligrafia. Ma io desideravo anche diventare l'uomo più saggio del Giappone per aiutare tutti gli esseri umani a liberarsi dalle quattro grandi sofferenze di nascita, malattia, invecchiamento e morte. Per questo volevo conoscere le intuizioni di tutti gli studiosi che mi avevano preceduto e, anche se ero un ragazzo, studiavo e pregavo incessantemente. Un giorno mentre pregavo davanti alla statua del Bodhisattva Tesoro dello Spazio Vuoto (Kokuzo), a un tratto ebbi una profonda Illuminazione e il bodhisattva mi concesse un gioiello di saggezza splendente come la stella del mattino (RSND, 1, 155). La gioia che percepii è indescrivibile. Avevo sedici anni e decisi di prendere ufficialmente i voti: nel 1237 divenni un prete col nome di Zesho-bo Rencho.
A quel tempo regnava una grande confusione fra gli insegnamenti delle varie scuole buddiste, e nei dieci anni successivi frequentai tutti i templi della regione per comprendere da quali fonti avessero tratto i loro precetti e farmi così un'idea delle loro basi. Ebbi accesso a tutti i sutra e ai commentari custoditi nelle biblioteche dei templi, anche nell'influente tempio Enryaku sul monte Hiei, il principale della scuola Tendai o della Pura Terra.
Attraverso i miei studi giunsi alla conclusione straordinaria che il significato dell'essenza della vita universale è racchiuso in un solo sutra, il Sutra del Loto, nel quale il Budda insegna che tutti gli esseri viventi e il loro ambiente sono manifestazioni della realtà fondamentale, e che divenirne consapevoli permette di manifestare la Buddità innata della vita. Il senso del Sutra del Loto a sua volta è racchiuso nel titolo, Myoho-renge-kyo, che ne rappresenta l'essenza; ripetere questa frase costituisce pertanto il metodo più semplice affinché tutte le persone senza distinzioni, anche coloro che non sanno meditare e studiare in senso "tradizionale", possano richiamare l'Illuminazione presente nella loro vita.
A quel punto, sapevo qual era l'insegnamento che conduce direttamente all'Illuminazione e conoscevo il mezzo con cui le persone di ogni genere e stato sociale avrebbero potuto conseguire la mia stessa saggezza.
Pensai quindi che se avessi diffuso quel che avevo compreso avrebbe avuto inizio una rivoluzione senza precedenti: finalmente ognuno sarebbe stato padrone del proprio destino. Ero l'unica persona del Giappone che capiva questo. Ma se avessi pronunciato anche una sola parola al riguardo, allora genitori, fratelli, maestri sicuramente mi avrebbero criticato e le autorità governative avrebbero preso provvedimenti contro di me. D'altronde ero pienamente consapevole che se non avessi parlato apertamente, avrei mancato di compassione non solo per le persone del mio tempo, ma per tutta l'umanità a venire. Riflettei su quale strada prendere alla luce degli insegnamenti del Sutra del Loto e del Nirvana. Se fossi rimasto in silenzio, avrei potuto evitare problemi in questa vita, ma nella prossima sarei caduto sicuramente nell'inferno di sofferenza incessante. Se avessi parlato, ero pienamente consapevole che avrei dovuto lottare contro i tre ostacoli e i quattro demoni. Ma di queste due strade, quella da scegliere era certamente la seconda (RSND, 1, 212)."
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